Restauro facciate Casamento degli Incurabili
Firenze, via san Gallo 77 angolo via di Camporeggi
Direzione lavori: geom. Paolo Romagnoli
Ditta appaltatrice: Grassi Nesi Restauri Srls
Committente: Condominio San Gallo\Confart
cenni storici
Pianta del Buonsignori, dettaglio Ospedale degli incurabili anno 158
Era in quest’area lo spedale della Santissima Trinità degli Incurabili, istituzione caritatevole fondata nel 1520 volta all’assistenza dei malati di sifilide e delle altre malattie al tempo ‘incurabili’, con sede originaria a ridosso di porta a San Gallo, nell’ospedale di Santa Caterina dei Talani, per gli uomini, e di San Rocco per le donne. Poco dopo la fondazione, grazie alla donazione di tre case e di un orto posti davanti alla chiesa di San Giovannino dei Cavalieri, fu costruita qui la sede, progessivamente ingrandita, tanto da ottenere il titolo di arcispedale. Come si annota nella voce di Wikipedia dedicata all’ospedale, “nel periodo di massimo splendore questo era composto da una corsia per i degenti, riscaldata da due camini, una medicheria, una spezieria, un refettorio, alcuni luoghi comuni di servizio (parlatorio, arsenale, cucina, granaio, stanza del bucato, forno, “gallinaio”, gabinetti), una stanza dello scrivano, una per i Cappuccini, una per i fattori, una camera dell’Udienza, un oratorio, dotato di sagrestia e stanzetta del confessore, un orto, un bindolo, le cantine e una stalla. Lo stemma dell’istituto aveva le iniziali ADI (“Arcispedale degli Incurabili”) ordinate in fascia su campo rosso. Per la cura degli ammalati si ricorreva alla tecnica dell’affumicamento per far seccare le piaghe, con le frizioni di olio rosato e trementina, poi, dal 1533, col “medicamento del legno”, che consisteva nell’applicazione di una tintura ricavata dall’albero del guaiaco, proveniente dall’America centrale, spalmata dopo una leggera cauterizzazione per scottatura delle ferite”. Nella generale riorganizzazione e razionalizzazione degli istituti ospedalieri fiorentini, l’istituzione fu soppressi da Pietro Leopoldo l’8 agosto 1781 e i beni incamerati dal vicino ospedale Bonifacio. Con l’apertura di via di Camporeggi (1891 circa), i resti dell’ospedale furono definitivamente trasformati in civili abitazioni, messe a pigione come fonte di reddito. Attualmente ciò che resta di questa storia è un casamento di tre piani, che guarda con sette assi su via San Gallo e con tre su via di Camporeggi, privo di elementi architettonici di particolare interesse, nonostante l’elaborata mostra del portone principale. Il legame con l’ospedale di Bonifazio è richiamato dalla figura dell’Agnus Dei, insegna dell’istituto, posta sulla rosta dei portoni.
fonte repertorio delle architetture civili di firenze a cura di Claudio Paolini
Stato di conservazione
In generale si rileva uno stato di conservazione molto compromesso con patologie e segni di degrado diversificati in base alla natura degli elementi architettonici e alla loro collocazione nell’insieme della facciata. L’impianto decorativo, presenta un livello di conservazione appena sufficiente per le porzioni d’intonaco protette dagli aggetti e nella zona dei terrazzi; la specchiatura centrale invece è
molto consunta con perdite evidenti del corpo d’intonaco dove si può notate un intervento di marginatura degli intonaci eseguito per evitare ulteriori perdite.
I principali fenomeni di degrado risultano essere
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consunzione dell’intonaco realizzato a finto bugnato,
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decoesione superficiale causata dalle acque meteoriche che, a contatto con le poveri di deposito cariche d’inquinanti, fanno da catalisi sviluppato piogge acide che sciolgono il legante dell’intonaco,
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polveri di deposito che offuscano la lettura dei motivi decorativi,
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difetti di decoesione al supporto con sollevamenti dello strato di finizione accompagnati dalla perdita dello stesso.
Le pitture della superficie, eseguite con tempera a calce, presentano una consunzione generalizzata con tracce di vernici in corrispondenza delle vetrine dei negozi. I manufatti artificiali, eseguiti in cemento decorativo bicromo, presentano notevoli depositi superficiali (croste nere) localizzate soprattutto nelle zone protette dagli aggetti non soggette al dilavamento delle acque meteoriche. Si notano anche fenomeni di fessurazione causati dall’ossidazione dei ferri d’armatura. I manufatti lapidei, in litotipo pietra arenaria, presentano depositi superficiali di vari natura quali: polveri, ossido ferrico e scritte con vernici e simili a carattere vandalico.
Descrizione degli interventi
L’intervento relativo alla copertura prevede una serie sistematica di opere di natura manutentiva e migliorativa che permettano innanzitutto la buona conservazione del manufatto.
Si è operato pertanto secondo la seguente metodologia:
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rimozione del manto di copertura e del relativo supporto con recupero ed accatastamento in cantiere del materiale riutilizzabile,
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pulizia dell’assito e della piccola armatura,
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verifica della struttura lignea portante esistente costituita da orditura con grossa armatura in abete per puntoni banchine, colmi, arcarecci, travetti, con puntuale sostituzione degli elementi gravemente danneggiati,
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formazione di sottomanto con lastre ondulate fibrobituminose per sottocoppi, realizzazione delle opportune sovrapposizione e dei fissaggi,
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ricollocazione del manto di copertura con coppi e tegole alla fiorentina in ragione con impiego di coppi di recupero, formazione di fissaggi e sigillature in malta, posizionamento nuovi colmi, cuffie di areazione, pezzi speciali ecc.;
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verniciatura dei manufatti in legno con due mani di vernice sintetica ad impregnazione antitarlo o antimuffa trasparente, una mano di fondo ed una mano a finire con smalto sintetico tipo opaco.
E’stata attuata la totale sostituzione delle lattonerie esistenti con nuovi manufatti in lastra di rame di spessore 8/10, realizzati previa verifica dei dimensionamenti in relazione alle occorrenti capacità e portate. Tutte le opere sono collocate complete di ogni accessorio necessario al perfetto funzionamento (pezzi speciali, braccetti, cicogne, grappe, ecc.), posate con le esatte pendenze e con giunzioni chiodate e saldatura a stagno a perfetta tenuta.
L’intervento relativo alla facciata principale dell’edificio, prospiciente via san gallo e della ala di risvolto in via di camporeggi, prevede innanzitutto il restauro conservativo dell’esistente e la messa in
sicurezza degli elementi con risultato duraturo nel tempo. Per gli intonaci sono state adottate scelte e tecniche volte alla conservazione anche se, per oggettivi problemi operativi, in alcune zone sono state scarificate porzioni della superficie originale pertanto l’intervento integrativo sarà limitato ed applicato a piccole porzioni.
Si è intervenuto con:
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messa in sicurezza delle porzioni in via di stacco,
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pulitura delle superfici, tenendo presente lo stato di conservazione delle strutture con più metodi da eseguire dopo campionature in sito,
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verifica degli intonaci nelle zone più danneggiate e lacunose con successiva integrazione mediante l’uso di intonaci a base di calce idraulica priva di sali solubili per il corpo d’intonaco e di calci aeree per lo stato di finizione,
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consolidamento degli intonaci con difetti di adesione al supporto murario,
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consolidamento dell’intonachino di finizione decorso con esteri silicici diluiti a seconda dei casi,
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completamento delle zone ampie prive dei motivi decorativi con stesura di intonaci neutri, per facilitare la lettura dell’insieme,
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integrazione delle lacune di modellato sottotono con tecnica analoga all’originale previa predisposizione di cartoni,
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trattamenti finali protettivi con idrorepellente.
Restauro apparato decorativo, verificato l’effettivo stato di conservazione e la tecnica di esecuzione, sono state eseguite prove di pulitura con successivo fissaggio della pellicola pittorica mediante resina acrilica in emulsione a bassa concentrazione. E’ stato attuato un restauro ricostuttivo comprendente anche la revisione di cornici, marcapiani, mostre di finestre a tempio, lesene e paraste, comprendente l’ispezione dell’intera superficie, la rimozione dei tratti fatiscenti o pericolanti, la formazione di modine o sagome con listelli di legno, la connessione con l’ossatura muraria con connettori in acciaio inox duplex (austeno-ferritico) Gli acciai inossidabili austenitici hanno un coefficiente di dilatazione termica di circa 1,8×10−5 °C−1, maggiore di quello del calcestruzzo (circa 10-5 °C−1) nonostatnte questo vengono preferiti per la loro maggiore durata anticorrosiva e per maggiore sicurezza sono state trattate con malta epossidica a bassissima conducibilità termiva e rete in fibra di vetro da 60 gr/mq, successivamente ricostruite con la stesura degli strati di malta fibrorinforzata, bio-eco compatibile, ad alta tixotropia e lavorabilità per la realizzazione e la ricostruzione a spessore di altorilievi, marcapiani, cornici, mensole.Contemporaneamente sono stati bonificati tutti ferri d’armatura ossidati con passivante idoneo e successivamente si è provveturo alla sigillatura dalle fessurazioni createsi dall’aumento dimensionale della ruggine.
La scelta di recuperare le decorazioni mediante velatura è stata valutata in sito ed eseguita con tecnica reversibile. Per i manufatti artificiali, in considerazione del precario stato di conservazione degli intonaci limitrofi, non si è potuto utilizzare abbondante acqua per getti atomizzati pertanto è stato adottato una tecnica di pulitura mediante impacchi a ph controllato ripetuti fino alla completa rimozione dei depositi dannosi e successivi abbondanti risciacqui. Per la pulitura dei manufatti in pietra arenaria si è intervenuto con impacchi a ph controllato fatti seguire da abbondanti risciacqui.